giovedì 5 gennaio 2012

She loves you...

Ero dall'altra parte della sala. Lei danzava e si dimenava, come se non ci fosse niente di più naturale. Non le si vedeva il viso. Il suo caschetto le copriva gli occhi, e cercavo di capire come i suoi occhi potessero seguire la frenesia incessante delle sue gambe, dei suoi piedi. I suoi pensieri, le sue delusioni, erano tute lì, fra un "un, due, tre e quattro" e le frazioni di tempo che contava sul rullante che batteva ogni due e quattro. Credo fosse un brano dei Beatles, qualcosa che le permettesse di rendere i contorni delle sue spalle il più astratti possibile. Eppure nella mia testa era ferma, immobile. Definita, come fosse un quadro fatto solo di linee nere e geometriche. Non so spiegarmi come, ma era l'unica cosa interessante della notte. I miei whisky scendevano giù acidi in gola, perché la sola cosa che davvero contava, era che nella confusione immane che mi si parava davanti, l'unica perfettamente distinguibile era lei.
Le ho visto gli occhi, e tornando a casa ho visto pure i miei, neri come la notte o come il buio che cercavo di vincere. Bella, bellissima. Piuttosto fragile - pensai - viste le braccia esili e il collo sottile sottile come una matita. Non c'era niente di più importante in quella stanza, se non lei. Quella notte, e per le notti a seguire, nulla valeva la pena d'esser ricordato, se non un caschetto castano che ubriacava gli astanti a suon di rock'n roll. 

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