sabato 16 maggio 2015

A night at the pub

Mi cerchi. Appena arrivi, ci sono quelli che prendono, pagano e scappano. Quelli che non sanno ancora chi sono e quelli che non sanno nemmeno cos'hanno. Ci sono i campioni senza valore e i perdenti senza valuta. Dopo il secondo tavolo, trovi quelli che lemosinano un po' di tabacco e quelli che te lo rifiutano. Quelli che tengono saldo alla mano il loro bicchiere e quelli che ti chiedono un sorso dal tuo, giusto per ottenebrarsi un po'. A metà sala, dove il pub non accenna nemmeno a curvarsi di un millimetro, ci sono quelli eleganti, con il calice in mano e che fingono di non aver bisogno di null'altro. Un metro più in là, dopo la bionda con gli zigomi bassi e la noia spalmata sui fianchi, con passo accorto, sfiori la schiena a chi non è ancora maggiorenne; l'hai capito incrociando uno sguardo di speranza. Poi, dopo tre falcate veloci, ci sono i falsi magri e gli abbandonati per scelta altrui, i single per caso e due coppie d'amanti per costrizione. Al bagno ci sta un ragazzo che fischietta De Gregori, che si distrae dall'arnesino alzando la testa e piscia pensando a cosa ha bevuto, a chi è uscito dalla sua vita contro la sua volontà, quanto salato sarà il conto e su quali labbra vorrebbe posarsi per riscatto. Percorsa tutta la sala, poggiati i piedi sulla corte, gli ultimi metri disponibili, insomma, trovi un fumatore con una faccia qualunque, seduto a un tavolo disordinato e con gli occhi serrati a metà, perché a quello di fianco sta raccontando un sogno così impossibile che non entrerebbe nemmeno nell'armadio di sua madre. E in fondo, quando la cassa è lontana di un viaggio d'andata e per ordinare un birra ti tocca sperare in un Dio qualsiasi, trovi me che t'aspettavo a faccia nascosta da una pinta di rossa; tu che non sei l'ultima in punta di lingua, che sul mento hai un neo per farti trovare, sempre, che non mi conosci, che hai avuto paura e ti nascondi e ti difendi, che forse te ne andrai, perché sei fatta così, che l'hai pensato almeno per cinque minuti o trenta secondi per volta. Che ti serve un bacio per non andartene, ma non hai il coraggio di farlo e finito di bere, vorresti che pagassi il conto di una vita intera, labbra contro labbra, a un'ora dall'alba. La nostra. 


martedì 12 maggio 2015

12 maggio 2013


Il 12 maggio 2013 era domenica. Poco dopo l'ora di pranzo, andai fuori a passeggiare con Teo. Sull'uscio del portone, poco prima di rientrare, piantò le zampe, fermo, immobile, lasciando che il guinzaglio s'allungasse appresso a me. Ci scambiammo lo sguardo per mezzo minuto, lui tossì e poi, stanco, socchiuse gli occhi mugugnando. Tornai indietro, indietro da lui, lo presi in braccio e gli sussurrai che l'avrei aiutato a rientrare. In casa sorseggiavano un caffè. Poi, un urlo e il pianto. Ci siamo guardati innamorati per l'ultima volta e dopo Teo non c'era più. Undici anni insieme e due senza di te. 

Mi manchi. È ed questa la mia ribellione alla statistica.