mercoledì 29 agosto 2012

L'arte contro il razzismo

Pensate a un pittore. Un pittore razzista, che per fare i suoi quadri usa un solo colore e un solo pennello. Ha speso tanto nel disegnare il suo quadro e adesso che è il momento di dipingerlo, di renderlo vivo e vitale, ha un solo colore nella sua tavolozza. Dopo le prime pennellate si accorge di aver perso tutto. Il volto di quella donna, non si vede più. Gli alberi, il cielo, gli sguardi della gente sullo sfondo. Niente. Poi, arriva suo figlio. E' piccolo, ma piuttosto sveglio. Guarda dal basso il padre e fa: "Papà, la maestra m'ha detto di disegnare i miei compagni di classe. E siamo tanti in classe. Tutti con la pelle diversa. Chi egiziano, chi italiano, del nord e del sud, chi inglese, francese e pure uno musulmano. Che non so dove si trovi la musulmania, ma musulmano lo è. Lo dice pure Gianni, il mio compagno di banco." Il padre, pittore, ride ma è confuso. "Che vuoi da me?" chiede nervoso. E il piccolino: "Ho pensato che il miglior modo per disegnare tutti è quello di disegnare qualcosa che non ha nazioni, lingue o malanni mentali. Ho pensato di dipingere la musica. Ma io non so dipingere. Tu sì, invece. Ma ti servono tanti colori. Tutti. Anche quelli che non esistono. Con quello soltanto non puoi nemmeno farmi i capelli. Li ho biondi?! Perciò, papà, butta via quel nero e compra tanti colori. Perché se tu non riesci a dipingere la musica, la mia classe scompare. E se scompaiono i miei compagni, scompaio pure io."

martedì 21 agosto 2012

Ho un amico a cui hanno ammazzato il fratello

Le notti passano con molta facilità. Tutte uguali e tutte scarne di senso.  Come questa. Poi mi capita di fare le ore piccole con un rum in mano e un amico al fianco che mi racconta la sua vita passata e di nervi ancora scoperti. Quei nervi che fanno ancora male. Molto male. Una ferita perennemente aperta. Mi racconta di suo fratello, morto in un incidente stradale. Quando parla, tutto sembra avere una dinamica semplice, banale. Quasi ovvia. Poi prende il coraggio a due mani e mi spiega che un nuovo processo si aprirà. Che suo fratello è morto, sì, in modalità del tutto circostanziali, ma che delle persone hanno fatto di tutto per nascondere la verità. "Hanno occultato il colpevole", dice. Ed è lì che il mio cuore si ferma, che il sangue mi entra in circolo al doppio dei giri dovuti e mi prende la rabbia. Penso che molte persone non hanno voce. Che neanch'io ho una gran voce. Ma di certo riesco a urlare un po' di più. Più di lui. Posso farlo, credo. E se io urlo di tanto in più di lui, allora, è giusto ch'io gli dia la mia voce. E ce ne vorranno altri mille rum prima ch'io riesca a raccontarvi la sua storia. La storia di suo fratello. Ma lo farò.
Qui, in questa terra, è tutto un Forte Apache. Una storia in bianco e nero.

domenica 19 agosto 2012

Ogni speranza è un debito

Vivo una vita parallela. Confinata spesso in un desiderio lavorativo e in un'ambizione umana. Questo è quello che mi rimane. Quello che la civiltà, oggi, offre. E non puoi farci niente. Sembra che stiano continuamente occludendo ogni porta. Ogni via. Hanno tolto al mondo la capacità d'inventarsi un lavoro, un sogno. E si viaggia malamente così. Un avanti e indietro del tutto mentale, privo di forma, di contenuto. Privo di ogni possibile realizzazione tangibile. Un continuo mettere di virgole, punti e virgola e capoversi forzati. Scarni di ogni senso pragmatico delle cose. Impieghi ore e ore a stilare il tuo curriculum, schede statistiche per neolaureati e non fai altro che sprecare moneta sonante per buste gommate che finiranno in qualche cestino a lato di una scrivania grigia, metallica, con tante carte sopra e nessuna opera significante all'interno dei cassetti. Quello che mi fa più paura, per altro, è che non è tanto il lavoro a mancare, ma i salari. L'uomo non è nato per lavorare si sa. Il lavoro, spinto da passioni o da mero bisogno vitale, necessità in primis di una retribuzione e successivamente di un sogno, di una prospettiva di carriera. Ovvietà e discorsi triti direte voi. Mica tanto però.
Di carriera ne abbiamo fatta tanta noi, che a suon di miliardi di colloqui siamo un personale eccellente riguardo alle risorse disumane. Assumeteci, assumeteci!!!
Una vita parallela. O forse più d'una. E mi sforzo ogni giorno di inventarmi parallele su parallele che non avranno mai un abbraccio alla fine del percorso. Finiranno tutte in fondo alla pagina. Come uno sfogo. Come questo. Che ne potessi afferare una di vita, per una volta. La mia, magari.
Vite parallele, dunque. Le vite dei fantasmi del duemila.