domenica 19 agosto 2012

Ogni speranza è un debito

Vivo una vita parallela. Confinata spesso in un desiderio lavorativo e in un'ambizione umana. Questo è quello che mi rimane. Quello che la civiltà, oggi, offre. E non puoi farci niente. Sembra che stiano continuamente occludendo ogni porta. Ogni via. Hanno tolto al mondo la capacità d'inventarsi un lavoro, un sogno. E si viaggia malamente così. Un avanti e indietro del tutto mentale, privo di forma, di contenuto. Privo di ogni possibile realizzazione tangibile. Un continuo mettere di virgole, punti e virgola e capoversi forzati. Scarni di ogni senso pragmatico delle cose. Impieghi ore e ore a stilare il tuo curriculum, schede statistiche per neolaureati e non fai altro che sprecare moneta sonante per buste gommate che finiranno in qualche cestino a lato di una scrivania grigia, metallica, con tante carte sopra e nessuna opera significante all'interno dei cassetti. Quello che mi fa più paura, per altro, è che non è tanto il lavoro a mancare, ma i salari. L'uomo non è nato per lavorare si sa. Il lavoro, spinto da passioni o da mero bisogno vitale, necessità in primis di una retribuzione e successivamente di un sogno, di una prospettiva di carriera. Ovvietà e discorsi triti direte voi. Mica tanto però.
Di carriera ne abbiamo fatta tanta noi, che a suon di miliardi di colloqui siamo un personale eccellente riguardo alle risorse disumane. Assumeteci, assumeteci!!!
Una vita parallela. O forse più d'una. E mi sforzo ogni giorno di inventarmi parallele su parallele che non avranno mai un abbraccio alla fine del percorso. Finiranno tutte in fondo alla pagina. Come uno sfogo. Come questo. Che ne potessi afferare una di vita, per una volta. La mia, magari.
Vite parallele, dunque. Le vite dei fantasmi del duemila.

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