domenica 10 agosto 2014

Va, pensiero.

Visitammo i musei della Scala. Non riuscimmo a sentirne insieme la musica, su in piccionaia, come desideravo, ma ne godemmo comunque la gioia dei palchi alti e delle poltrone rosso velluto. Adesso, ch'io m'ascolto Verdi in notturna, come se tu mi parlassi, vedo te viverla accanto ad altra anima, seppur sicula, comunque non mia. E non provo più rancore né tristezza, solo vuoto di non essere stato io il tuo affannarti a comprare un abito scuro per accompagnare, di fianco, la mia cravatta nera. Mi dicesti «ti amo» e credo fu sincero, nonostante l'abbandono tuo repentino. E t'amo lo stesso, così t'amerò, e t'ho perdonato tutto, come il mio pensiero va e ti veste, ch'io sciocco ti creda ancora nuda, senza di me, nudo io or ora che non ci sei più; ma sarai vestita dallo sguardo di un altro e di altri ancora, che non sapranno, spero, come si soffra, com'io soffro ancora per te. E dunque «Va pensiero» il mio, immaginando la tua bocca chiusa in un sonno sereno, dov'io non ho più proprietà e non sono autore di tua serenità.

E Milano l'amo ancora.

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