sabato 2 agosto 2014

La buonanotte del cavaliere inesistente

Non scrivo una buonanotte da tempo. Non molto, in realtà, ma mi sembra sia passata una vita intera dall'ultima volta. 
Quando scrivo, ormai, sarà vanità o mera abitudine, mi aspetto che qualcuno mi legga; solo che adesso, com'è già successo, spero che il mio lettore sia uno e uno solo, cioè Tu. Forse così non sarà, ma del dubbio, un dubbio che porta una firma di quattro lettere, scriverò ugualmente. 
Tornando a casa ho ascoltato "Normalmente" di Joe Barbieri. Un brano da evitare di questi tempi eppure, senza alcuna presunzione di masochismo, me lo son goduto, cantandolo a squarcia gola. Il mio concertino in solitaria. Più le note suonavano, più quelle quattro lettere si palesavano; una "s" e il resto che segue. È così. E più io rifugga certi luoghi, certi pensieri e certi brani, più i miei giorni calpestano sempre lo stesso sentiero. Lo so, è sbagliato, ma non ho mai avuto quella forza d'animo (mio Dio, chi ce l'ha?) di sorpassare, di evitare quello che andrebbe ignorato. Forse tu, a quanto ho capito, ce l'hai... 
Da molto tempo, ormai, non so più quale luce accenda i tuoi occhi, se una luce c'è ancora, e chi, non guardando sbadatamente le tue orecchie meravigliose, ti racconti nuove storie. Chi, nonostante l'insorgere di quest'estate zoppa e confusa estate, ti accarezzi le guance, quel lunghissimo braccio che tieni, o faccia qualche stupida battuta, che a volte costa caro, sulla tua frangetta che tieni lì, fissa e immutabile, per nascondere il tuo nervosismo. E spero ancora che nessuno conosca, come me, quel tuo neo sul piede... 
Più passa il tempo e più sento sfiancarsi l'addolcirsi dei ricordi, dello sforzarmi di far risuonare la tua voce nelle mie orecchie, nel nominare quell'ortaggio che sembrava definire, con un tratto deciso della tua matita, i nostri volti; gli stessi volti che hai disegnato tu e che lo hai, di proposito, fatto firmando il tuo volermi a ogni costo.
 Lo so, sono ridicolo. Scrivo sempre degli ultimi ottocento e otto giorni di sudore sopportato, scambiato, amato, ma che vuoi? Sono fatto così, lo sapevi prima e  anche adesso, probabilmente, ne sei ancora più cosciente. Un bacio lungo tutti questi giorni... un sentimento finito dopo l'aver sentito insieme una lingua francofona. 
Si scappa, si cambia, si fugge, si smette di volersi bene (non per me, mai) ma un naufrago, un Ulisse come me, non potrà mai distruggere e fare a brandelli l'idea di una Itaca, che penso sia tu, nella quale ritornare costi quel che costi. Ma forse tu sei quell'Itaca di cui mi parlano sempre tutti, quell'isola che si muove, si stacca, si stufa e vuole perdersi per le acque salate mediterranee. Io, invece, sono quell'omino barbuto che a stento riesce a tenere la rotta, una rotta fissa, che riporti, se pur con barba grigia e salata, il petto e il resto del corpo sopra la mia terra. 
Ma l'ora è tarda, il giorno pare uscire la testa tronfio, e mi tocca dover mantenere l'ennesima promessa: quella di augurarti una buonanotte prolissa ma sincera. E quindi, ora che sento i primi cinguettii, m'è d'obbligo lasciarti, ancora una volta, ma senza quella promessa che un tempo, almeno per me, dura ancora oggi e che non posso più comunicarti, perché pare che tu non ci creda mai più.
Notte, davvero. 
sempre tuo, 
come allora,
come a ogni febbraio,  
Hanky. 

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