sabato 15 dicembre 2012

Lascialo stare: è un bravo picciotto

Davvero; io voglio solo andare a dormire. Ma qualcosa è andato storto. Come quella sera, eravamo in tre a un tavolo qualsiasi di un comune locale notturno della periferia siracusana, in cui un mio amico scrittore, che di nome faceva Giovanni, ci leggeva con passione ciò che aveva appena scritto. Partorito. Fu un attimo, un lampo, che di colpo qualcuno iniziò a insorgere contro lui. Contro di me.
"Ha voglia di fare casino a tutti i costi", mi dissero i suoi compari. "No è che è un coglione" risposero alcuni presenti. Bastò questo per distruggere gli intenti nobili di Giovanni, dagli occhiali in osso neri e grandi, così come era il suo capello grigio di lana che gli copriva in parte lo sguardo ubriaco, che volle solo raccontarci una storia con l'apparente  intenzione di escluderci dalla performance. O forse, involontariamente, volle coinvolgere tutti, a suo discapito. Questo è ancora da capirsi.  Lo so, lo so. Vi sto violentando con la solita, spicciola, morale d'apertura. Quindi, mi fermo. Non voglio né dilungarmi né divagare. Voglio semplicemente dirvi che l'intromissione violenta, offensiva e gratuita di quell'orso, che solo-perché-io-non-la-penso-come-te-allora-devi-morire, distrusse inesorabilmente la vita di qualcuno. Quella di Giovanni, forse, e anche quella di Aldo, l'altro terzo del tavolo. E in tutta onestà, anche quella mia.
Fu quel "non la penso come te" che mi divorò e mi istigò, continuamente, a numerosi e consequenziali conati di vomito che non mi permisero di dormire. Proprio come adesso. A distanza di anni. Dopo un paio di vite vissute.
Io, quella sera, avrei voluto solo addormentarmi e invece, quel tizio, mi tenne e mi tiene sveglio come fosse un faro gigante che punta dritto sulla mia faccia nel bel mezzo della notte. Un'angoscia abbracciatasi al buio della mia camera da letto. Per sempre.
Rimugino e rimugino e quel che mi viene da dirvi è: se questa insurrezione è l'arma letale che l'uomo spende nei confronti dei suoi simili, io, con enorme gioia, mi tengo fuori. Davvero.  Non voglio più niente dal pianeta Terra. Non voglio credere, assolutamente, più a niente. Non voglio nessuno. Non voglio nessun confronto. L'unica cosa che voglio e che volevo, è quella di dormire. Lasciatemi a occhi chiusi. Fermo lì. Immobile. Rannicchiato in posizione fetale nella speranza che il risveglio mi porti a un'altra nascita. In un altro posto. In un altro pianeta. Che siate voi a eliminarvi e che non sia io a farlo con le mie mani. Con le mie sbiadite parole. Ecco.

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