mercoledì 18 giugno 2014

Uno più uno uguale uno

Ho trascorso la notte con i nostri due estranei. Sì, sono tornati. La camicia nera non è mancata. Si è parlato di calcio, ma non ho ben capito se riguardasse lo sport o il dolore alle mie natiche. Comunque sia, hanno chiesto di te, ma hanno usato il plurale. Ho cercato di coniugare, in silenzio, a ogni sorso, la prima persona plurale, ma mi stavo affogando. Ho tossito. Forse  m'è uscito pure un "noi", ma non lo ricordo. Il petto ha iniziato a bruciarmi. L'ho motivato con l'ennesima sigaretta che non dovevo fumare. Le mie natiche però dolevano. Poi ho pensato all'elefante rosa e m'è salito un conato di vomito. L'ennesimo. Non ho vomitato. Non c'era motivo che lo facessi. Questa storia non è vera. La camicia nera sì.
C'erano i nostri due estranei. È arrivato qualcuno con un altro bicchiere pieno. L'ho bevuto. M'hanno chiesto del mio nuovo romanzo. Ho glissato l'argomento. Poi me l'hanno richiesto e ho dovuto inventare una nuova storia, falsa. Di recente mi riesce bene farlo. Non ricordo più gli occhi. Non è vero, ma voglio inventarmene dei nuovi. Conosco i nostri nomi. «Tu ridi ancora?» Ho sentito un'eco. «Sei tu?» No, impossibile. Sono tornato a casa. Non sarai mai più tu. Ho poggiato la testa sul cuscino. Uno più uno uguale uno. «Ciao, sono Hanky, tu chi sei?» Il petto mi duole ancora. Ho pensato fosse un dolore temporaneo, ma non ho più aggiunto una motivazione alla sofferenza. «Conosco le tue labbra. Sembra di vedere me. Sono io? Mi manchi.» Ho creduto di sentire «Ti amo». No. Era solo la porta che si chiudeva. Tu. Non ho chiuso occhio e le natiche mi fanno ancora male. Poi il petto, poi di nuovo le natiche. Adesso è l'alba, il dolore è passato. Penso «noi ci siamo alzati, stiamo bene, ora». Declino la mia persona al plurale. Non ricordo chi fosse a duplicarmi. Non voglio pensarci. «Mi sono alzato, sto bene, ora». Così va meglio. Non so fare le moltiplicazioni. Uno. Questo lo so. Fino a uno so contare. Spero non mi chiedano altre operazioni matematiche. So mettere insieme due nomi, non due numeri. «Sono sveglio. Andrà bene». Ecco, andrà bene. Non devo più sommarmi. Mai più quel noi da dire. Io. Addio.


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