giovedì 11 ottobre 2012

Parlare di notte

Serata strana. Molto strana. Una di quelle in cui t'aspetti sempre che la radio passi un brano degli Stones. Quelle ore notturne dove il mondo converge tutto in un tavolo verde, di plastica. Dove l'assortimento delle persone tutto può e tutto comunica. Io ero lì. In mezzo. A volte isolato, altre no. Neanche fossi Jean-Baptiste Clamence in qualche bettola di Amsterdam. Le ore, stasera, non passavano. Non ne avevano bisogno. Inizio e fine. Ecco tutto. Bastava sedersi e poi andare via. Alzarsi piano piano, mettere una mano nella tasca della giacca e poi, spaesato e distorto, andare via. Nessuno ricorderà mai cos'è successo a quel tavolo. Di plastica. Io, per esempio, non ricordo nulla. Solo una manciata di persone con un bicchiere in mano, la numerologia e il mio amico Antonello che girava sigarette. Prima una. Poi due, tre... e così via. Fumavo e bevevo. Stavano lì. Seduti. E io guardavo. Guardavo questo teatro di anime siciliane e lo spettacolo, vi assicuro, era la migliore commedia umana del mondo.

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