
Nelle giornate lunghe e d'isolamento ho scritto molto e letto spesso Montale.
Il mondo che abitavo si è spopolato. Qualcuno è arrivato. Pochi sono rimasti.
Mi ricordo il mio primo compleanno con le valigie in mano, qualche anno fa, e un volto nuovo che mi stava aspettando. Pioveva, ero contento. Ricordo pure il mio sorriso in una foto scattata sul bus.
Non ho mai avuto compleanni felici che non portassero pioggia. Così sarà anche in futuro.
L'estate non è mai stata la mia stagione.
Mi ricordo il mio primo compleanno con le valigie in mano, qualche anno fa, e un volto nuovo che mi stava aspettando. Pioveva, ero contento. Ricordo pure il mio sorriso in una foto scattata sul bus.
Non ho mai avuto compleanni felici che non portassero pioggia. Così sarà anche in futuro.
L'estate non è mai stata la mia stagione.
Ho visto gente passeggiare in tranquillità con i miei affetti stretti fra le mani. Si son lasciati possedere. Poco male.
Il medico m'ha detto che guarirò, anche se sanguino ancora.
Di quelli che hanno provato a spararmi al petto mi dimenticherò. Saranno ammassati come robe vecchie sopra la pila di panni sgualciti, strappati. Per indossarli ancora ho fatto il possibile, ma m'è toccato girare nudo. Deriso, umiliato, imbruttito.
Così si chiude questa notte, che è l'estate intera, fra l'immagine feroce di corpi nudi che ogni notte mi strazia e mi fa piangere, l'eco di un insulto lontano e i miei incubi terrificanti. La chiazza di sudore sul mio cuscino che ritrovo puntuale al mattino si trasformerà nelle lacrime di chi ha fatto di me un'isola su cui farsi una vacanza; spero, dopo tutto, che sia stata piacevole. Una notte d'amore sbagliata. Giusto il tempo di una di quelle follie che capitano solo in estate.
Ho buttato via tutto. Amen.
Sono un'isola deserta e inaccessibile, adesso.
Sono un'isola deserta e inaccessibile, adesso.
Ho scritto l'ultima buonanotte indossando una vecchia giacca. Si perderà nelle notti nuove di chi può farne a meno, perché altri auguri di dolci sogni hanno riempito il vuoto.
Dovrò dimenticare i volti abbronzati di una stagione che non ho vissuto. Una stagione finalmente finita. Verrà domani l'autunno e tenderò l'orecchio alle foglie morte, osservando i rami secchi di un albero che nudo aspetterà di nuovo il verde. Vorrei essere quell'albero, ma superata l'afa, il respiro che mi è mancato per mesi, mi tocca adesso indossare un cappotto robusto per affrontare le forti piogge che cadranno. E non mancheranno nemmeno pugni forti allo stomaco.
Vi siete innamorati di nuovo. Siete stati al caldo di braccia amiche. Avete goduto delle carezze di nuove passioni. Vi siete scoperti diversi, nudi al sole, sotto una cascata gelata. Vi hanno fotografato appagati. Vi siete dimenticati delle storture. Avete scavalcato fieri il cadavere di qualcuno che conoscevate. Vi vedo ancora passeggiare con i miei brandelli di carne fra le mani. Salme sparse in un tempo passato.
Verrà il tempo per guardare vecchi volti. Per voi e per me.
Adesso non mi rimane altro che osservare la mia vecchia faccia tracciata a matita per una conquista, digerire saliva e sangue e avere la forza di non piangere più dal petto.
E prima di dirti addio, mia cara estate, lascio che tu goda, per l'ultima volta, di un saluto senza ritorno che sia degno di nota.
Casa sul mare (Montale)
ll viaggio finisce qui:
nelle cure meschine che dividono
l’anima che non sa più dare un grido.
Ora I minuti sono eguali e fissi
come I giri di ruota della pompa.
Un giro: un salir d’acqua che rimbomba.
Un altro, altr’acqua, a tratti un cigolio.
Il viaggio finisce a questa spiaggia
che tentano gli assidui e lenti flussi.
Nulla disvela se non pigri fumi
la marina che tramano di conche
I soffi leni: ed è raro che appaia
nella bonaccia muta
tra l’isole dell’aria migrabonde
la Corsica dorsuta o la Capraia.
Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti s’appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea col moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.
Adesso sì, addio.
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