Dicembre è un mese per lo più pessimo. Terrorizzante come un conto salato da pagare, inodore come l'indifferenze nostre e altrui, triste e rincoglionito come quel grottesco personaggio dei problemi matematici delle elementari, di nome Marco, che non sapeva mai quante cacchio di mele aveva raccolto, comprato o mangiato. Potrebbe, però, rimanere una parte residuale, che non salta quasi mai all'occhio, profumata come la smentita di una brutta notizia. Una rimanenza basata sul falso, su una pseudo verità grigia-non-grigia, che può dare l'illusione della felicità. E noi siamo sempre stati bravi a sguazzare nella menzogna; ciechi, insomma, per un atto d'amore. Zampilli di sangue dal petto, con una mano davanti agli occhi, purché si riesca a non vederli.
Dicembre è un mese per lo più pessimo, vi dicevo, ma a noi di un più approssimativo poco importa. Ci interessa il meno, che sa di torba, di immaginario camino acceso, di una-volta-l'anno «Buon Natale». E allora, anche quest'anno, così sia.
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