
Stacco, primo piano. Pub vicino casa. Il barman inventa un Hanky-fashioned. Hanky beve il suo drink. Ci si regge poco al bancone, ma la compagnia è buona. Una rossa, riccia, che discute del più e del meno e una castana sciatta che regge a stento il filo del discorso.
Mi sposto, sono al secondo bicchiere. Mi trovo dietro al bancone. Un cameriere, con una doppio malto in mano, mi segue. "I locali chiudono troppo presto, tranne il vostro", dico. Lui annuisce.
Mi manca lei. E' lontana, chissà dove.
Passato e presente si miscelano e creano una serata ambigua.
Mangio, ho il mio panino in mano. Ho paura a far leggere il mio romanzo; ho paura che sia tu a giudicarlo. Poco importa. La mia guida dice che sono un artista. Io dico che sono solo un fumatore, beone e grafomane. Lei vuole le mie parole. Io voglio che si leggano.
A casa tutto è più caldo e più comodo.
Il sangue ha ripreso a circolare. Le mie mani si articolano nel senso giusto. C'è caldo. Tepore confortante. Sono a casa, senza alcun dubbio. Vi scrivo.
E' l'ora di dire "buonanotte".
Notte.
Hanky.
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